Leggende del Cielo: la costellazione del Pesce Australe

(A cura di Silvia Fiumalbi – AAAV)

“Ogni sera, mentre il Sole discende nel suo nascondiglio notturno, le stelle emergono come spiriti magici”

La costellazione del Pesce Australe di origine babilonese, nota anche con il nome di Pesce Solitario, fu identificata in epoca antica ed inserita nelle 48 costellazioni Tolemaiche.
Anche i Greci conoscevano bene questa figura: il poeta Araclo lo descrive giacente sulla schiena mentre beve da un getto d’acqua che gli viene versato dall’Acquario, cosa piuttosto strana per un simile animale!
Nell’antico Egitto il pesce rappresentava il mare, ma ci sono leggende che lo vogliono associato al mito di Tifone, il mostro figlio di Gea e del Tartaro seppellito vivo da Zeus sotto l’Etna.
Eratostene lo battezzò il grande Pesce, ritenendolo il progenitore dei due più piccoli facenti parte della costellazione dei Pesci, inoltre risulta più visibile grazie alla stella alpha di nome Formalhaut (in arabo “bocca del pesce”) e con questa talvolta è stata identificata con la costellazione dell’Acquario a completamento di una croce formata dai segni zodiacali del Toro, Leone, Scorpione e Acquario.
Formalhaut veniva considerata dagli antichi una delle quattro Stelle Reali o “Osservatori celesti” identificati nell’antica Mesopotamia. La sua presenza sull’orizzonte meridionale al tramonto indicava l’avvicinarsi della stagione fredda; dall’emisfero Australe, invece, la si vede alta nel cielo alla fine dell’inverno e a mano a mano che si avvicina l’estate, si abbassa sull’orizzonte.

Sempre Eratostene ci racconta che la dea siriana della fertilità Derceto, dopo aver partorito una bambina, Semiramide, cadde in un lago a Bambyce, nota ai Greci come Hieropolis (che significa città sacra), vicino al fiume Eufrate in Siria rischiando di annegare, ma un grosso pesce la trasse in salvo riportandola sulla spiaggia e la dea per ringraziare il suo salvatore, lo rese sacro vietandone il consumo. Per questo motivo i Siriani non mangiano pesce, ritenendolo un essere divino, come ci racconta Iginio. Si diceva, inoltre, che la dea punisse tutti coloro che mangiavano pesce facendoli ammalare, mentre i suoi sacerdoti erano esonerati da questa regola; infatti, ne mangiavano tutti i giorni come rituale.
Una storia un po’ diversa la racconta lo scrittore greco Diodoro Siculo, il quale ritiene che la dea Derceto si fosse buttata di sua volontà in un lago ad Ascalona in Palestina per la vergogna di aver avuto una relazione amorosa con un giovane siriano, dalla quale nacque una bambina di nome Semiramide. Derceto uccise prima il suo amante e poi abbandonò la figlia, che fu cresciuta da colombe e successivamente divenne regina di Babilonia. Nel lago, Derceto fu tramutata in sirena, metà donna e metà pesce, ma questa trasformazione non è ritenuta molto attendibile: più probabile che la dea abbia posto in cielo il pesce come segno di riconoscenza per averla salvata. Un’altra leggenda identifica questa figura con il
dio – pesce siriano Oannes, venuto sulla Terra per portare la civiltà ai barbari uomini.
Nel libro “The New Patterns in the Sky” (“I nuovi modelli del cielo”) l’astronomo Julius
Staal fa risalire l’origine del Pesce Australe alla mitologia egizia. Il dio-re Osiride, dopo aver introdotto la civiltà in Egitto, fu assassinato dal fratello Set per ragioni di gelosia e smembrato nel corpo in 14 parti che furono gettate nel Nilo. Iside, moglie e sorella di Osiride, cercò e trovò tutte le parti tranne una, il fallo, che venne inghiottito dal granchio del Nilo, identificato nella costellazione del Pesce Australe, che ingoia le acque della vita. L’atto di ingoiare l’acqua versata dalla brocca dell’Acquario è stato interpretato come simbolo della salvezza dall’inondazione.