Protagonisti d’eclisse: la LUNA.

(A cura di Alberto Villa – AAV & AAAV)

La Luna, unico satellite naturale della Terra, è un corpo praticamente sferico di 3.476 Km di diametro (ci sono solo 4 Km. di differenza fra raggio polare e raggio equatoriale). La luna si muove su un’ orbita ellittica con eccentricità pari a 0,0549 in modo tale che la vediamo sottendere un angolo di 29′ 87″ all’apogeo (massima distanza dalla Terra = 405.978 Km) e di 33′ 89″ al perigeo (minima distanza dalla Terra = 357.210 Km): questo fenomeno causa una variazione delle dimensioni apparenti del disco lunare (Fig. 1), fondamentale per comprendere le varie tipologie di eclissi di Sole, come è stato ampiamente spiegato in precedenti articoli dedicati proprio alle eclissi. La distanza media della Luna dalla Terra è di 384.001 Km.

Il nostro satellite ruota contemporaneamente attorno alla Terra e attorno al proprio asse con movimenti sincroni che hanno la stessa durata di 27 giorni 7 ore 43 minuti 12 secondi: è per questo motivo che la Luna rivolge alla Terra sempre la stessa faccia. Come conseguenza di questo fatto, dovremmo essere in grado di osservare dalla Terra solo il 50% di tutta la superficie lunare, ma le cose non stanno proprio così. Infatti, dato che il moto di rivoluzione attorno alla Terra non è perfettamente circolare, velocità di rotazione e distanza dal nostro pianeta variano leggermente durante un’orbita e i moti di rotazione e rivoluzione presentano degli sfasamenti tali da creare oscillazioni apparenti di lieve entità nel moto di rotazione lunare dette librazioni: è per questo motivo che arriviamo a poter osservare fino al 59% della superficie lunare.

La presenza di un satellite intorno alla Terra determina il fenomeno delle maree, ma il fenomeno più appariscente della Luna è certamente quello delle fasi, che si spiegano fondamentalmente con il fatto che il nostro satellite ovviamente non brilla di luce propria, ma riflette quella del Sole mentre ruota intorno alla Terra occupando posizioni via via diverse lungo la sua orbita, e cambiando di conseguenza il suo aspetto per la differente illuminazione rispetto all’osservatore (Fig. 2).
Il tempo impiegato per un ciclo di fasi completo è di 29,5 giorni, mentre bastano 27,3 giorni per una rivoluzione completa attorno alla Terra. La differenza si giusti-fica col fatto che la Luna orbita intorno alla Terra e contemporaneamente la Terra intorno al Sole, pertanto aumenta il suo percorso orbita La presenza di un satellite intorno alla Terra determina il fenomeno delle maree, ma il fenomeno più appariscente della Luna è certamente quello delle fasi, che si spiegano fondamentalmente con il fatto che il nostro satellite ovviamente non brilla di luce propria, ma riflette quella del Sole mentre ruota intorno alla Terra occupando posizioni via via diverse lungo la sua orbita, e cambiando di conseguenza il suo aspetto per la differente illuminazione rispetto all’osservatore (Fig. 2).
Il tempo impiegato per un ciclo di fasi completo è di 29,5 giorni, mentre bastano 27,3 giorni per una rivoluzione completa attorno alla Terra. La differenza si giusti-fica col fatto che la Luna orbita intorno alla Terra e contemporaneamente la Terra intorno al Sole, pertanto aumenta il suo percorso orbita

1) quella della fissione (la Luna sarebbe un frammento staccatosi dalla Terra poco dopo la sua formazione);
2) quella della cattura (dopo essersi formata in qualche parte del Sistema Solare, la Luna sarebbe stata catturata dal campo gravitazionale terrestre);
3) quella dell’accrescimento (la Luna si sarebbe formata a partire dalle polveri e dai detriti orbitanti intorno alla Terra).

La teoria oggi più accreditata è invece quella della collisione della Terra con un corpo planetario (planetesimo) della taglia di Marte, denominato Theia. L’enorme impatto avrebbe causato l’espulsione di frammenti generando tantissimi planetesimi in orbita intorno alla Terra che, aggregandosi per la mutua attrazione gravitazionale, si sarebbero successivamente rifusi formando la Luna (Fig. 3):

in questo processo gli elementi più leggeri sarebbero rimasti in superficie e quelli più pesanti in profondità. Una conferma di questa tesi deriverebbe dal fatto che la composizione della Luna è pressoché identica a quella del mantello terrestre privato degli elementi più leggeri, evaporati per la mancanza di un’atmosfera e della forza gravitazionale necessarie per trattenerli.
La superficie avrebbe subito un consistente bombardamento meteoritico che l’avrebbe butterata con crateri di tutte le dimensioni. Successivamente il riscaldamento interno, determinato dalle rimonte magmatiche, avrebbe fatto fuoriuscire le stesse attraverso le parti più deboli della crosta riempiendo così le grandi depressioni lunari. Tale attività tettonica e vulcanica avrebbe lasciato tracce sulla superficie lunare (fessure, faglie, rughe, domi, ecc.).

La Luna è un corpo celeste internamente differenziato: come la Terra ha una crosta geochimicamente distinta, un mantello, e un nucleo. Secondo un recente modello sulla struttura della Luna (Fig. 4), al suo interno si troverebbe un nucleo solido e ricco di ferro con un diametro di 240 chilometri, avvolto da un nucleo esterno fluido caratterizzato da un spessore di 90 chilometri. Infine, prima del mantello, si incontra uno strato parzialmente fuso spesso 150 chilometri la cui composizione non è stata ancora pienamente identificata, ma si dovrebbe trattare di ferro metallico in lega con piccole quantità di zolfo e nichel, e sono le analisi della variabilità della rotazione lunare a indicare che esso è almeno parzialmente fuso. L’estensione totale del nucleo arriva pertanto ad avere un raggio di circa 480 Km. Questa ipotesi sulla struttura più interna dellaLuna costituisce un’ulteriore prova a favore della teoria che vuole la Luna formatasi a seguito dell’impatto di un grande corpo celeste con la Terra. Il mantello, di uno spessore medio di poco inferiore a circa 1000 km, è costituito da peridotiti, rocce che sono presenti anche nel mantello terrestre e costituite essenzialmente da olivina (circa il 60% in volume), clinopirosseno (circa il 15%) e ortopirosseno (circa il 25%). La crosta è più sottile dalla parte della Terra, dove in media è spessa ∼60 km, che non sul lato opposto, dove è spessa ∼100 km; in essa sono inglobati i mari, aventi uno spessore da 5 a 20 km.

La superficie della Luna (Fig. 5) consiste essenzialmente di due tipi di terreno: uno, relativamente chiaro, che riflette il 15-18%della luce solare; l’altro, più scuro, che ha una riflettività del 7-8%. Le zone chiare, che coprono circa il 70% dell’emisfero visibile da Terra, sono in generale più elevate e vengono perciò chiamate altopiani. Le zone oscure, più levigate, sono dette mari (zone scure meno vaste sono denominate anche: laghi, baie e paludi). Esse si trovano quasi esclusivamente nell’emisfero rivolta verso la Terra, sicché, nel complesso, costituiscono poco più del 15% della superficie lunare. La diversa riflettività degli altopiani e dei mari dipende dalla loro differente composizione chimica. Le rocce tipiche degli altopiani sono le anortositi, costituite principalmente da ossidi di silicio, alluminio, calcio e magnesio. I mari sono costituiti da basalti, simili ai loro analoghi terrestri (salvo il fatto di essere più poveri di elementi volatili e più ricchi di ferro, titanio e magnesio). Diverse sono le strutture montuose: la più famosa è probabilmente quella degli Appennini (che prende il nome dall’omonima catena montuosa italiana) situata sul lato visibile della Luna. Si estende per circa 600 km e comprende il Monte Huygens, che con i suoi 5500 m di altezza è anche la montagna più alta della Luna. La superficie lunare è costellata da crateri di ogni dimensione. In passato sulla loro origine sono state formulate due ipotesi: l’ipotesi vulcanica, secondo cui i crateri si sarebbero formati (come le caldere terrestri) in seguito allo sprofondamento di vulcani spenti; e l’ipotesi degli impatti, secondo cui essi sarebbero stati scavati da meteoriti. Le missioni spaziali hanno dimostrato che i crateri da impatto (Fig. 6) costituiscono l’enorme maggioranza dei crateri lunari; ciò è indicato dalle caratteristiche morfologiche di molt di essi: per es., dalla loro struttura a ‘raggi’ (prodotta dai detriti scagliati intorno nell’impatto) e dalla presenza, intorno ai crateri maggiori, di crateri secondari più piccoli, scavati dai materiali espulsi nell’urto principale. I crateri aventi diametri maggiori di 300 km vengono più propria mente chiamati bacini: ne sono stati identificati una trentina, anche se molti di essi sono strutture assai antiche, quasi completamente cancellate dagli impatti successivi. Nelle regioni polari sono stati individuati alcuni crateri, il cui fondo, per la posizione geografica e la profondità, non è mai illuminato dal Sole. Alcuni studiosi ritengono che qui, nel suolo, possano trovarsi quantità considerevoli di acqua ghiacciata (che altrove, come è noto, è del tutto assente). Si tratterebbe di acqua depositata, in centinaia di milioni di anni, dagli impatti delle comete (corpi ricchi di acqua e altre sostanze volatili), che non sarebbe sublimata a causa delle bassissime temperature ivi esistenti. L’intera superficie della Luna è ricoperta da uno spesso strato di pietre e polvere, chiamato regolite (Fig. 7), derivata dalla frammentazione delle rocce originarie a opera delle meteoriti e dagli agenti termici, ed ha uno spessore che varia da una regione all’altra: nei mari esso è di 5-10 m, mentre negli altopiani può raggiungere i 100 m.

Sulla superficie lunare vi è una fortissima escursione termica giornaliera, determinata sia dalla mancanza di atmosfera che dalla lunghezza del giorno e della notte (che durano circa due settimane ciascuno). Nella fascia equatoriale, esplorata nelle missioni Apollo, la temperatura, durante il giorno, sale fino a ∼110 °C mentre, durante la notte, scende a ∼−170 °C. Il campo magnetico della Luna è di circa 100 / 1.000 volte più debole di quello terrestre e la sua energia sismica si limita a terremoti del secondo grado della Scala Richter (non percepiti dall’uomo).

Solo in tempi passati la Luna è stata sede di una intensa attività vulcanica. I mari, infatti, non sono altro che immense colate laviche, che hanno riempito i grandi bacini, scavati in precedenza dall’impatto delle meteoriti. L’attività vulcanica più intensa ebbe luogo fra 3,9 e 3,2 miliardi di anni fa, come testimoniato dall’età delle rocce basaltiche che costituiscono i mari. All’azione della lava viene anche attribuita la formazione delle valli sinuose, dette “rill”. Probabilmente si tratta di canali di lava sotterranei che, svuotatisi, sarebbero crollati dando origine alle valli.

Come ben sappiamo, il nostro satellite è stato oggetto di numerosissime missioni spaziali che sono culminate con lo sbarco sulla Luna della missione statunitense Apollo 11 nel luglio 1969. Ma questo argomento sarà trattato in dettaglio in una prossima serie di articoli.